BARACCOPOLI: ARSI VIVI COME LE STREGHE

Non c’è pace per i lavoratori sfruttati della Piana di Gioia Tauro. Moussa Ba, senegalese di 29 anni è morto come le streghe, bruciato vivo nell’ennesimo rogo che ha investito l’inferno della baraccopoli di San Ferdinando in provincia di Reggio Calabria.

E dopo Becky Moses, morta il 27 gennaio 2018 e il gambiano Surawa Jaithe di 18 anni, morto lo scorso 2 dicembre, nessuno piange l’ennesima vittima innocente e impunita del silenzio complice che avvolge da decenni la baraccopoli di San Ferdinando.
Dinanzi all’ennesima tragedia annunciata, il ministro dell’Interno Salvini ne approfitta per suonare la carica e invoca lo sgombero, come se il trasferimento coatto fosse la soluzione di una questione sociale che va oltre la baraccopoli in sé, ma ci racconta storie di sfruttamento, nuovi caporali, barbarie continua sulla pelle di lavoratori, questi si di razza.
Già, la razza che ormai viene risventolata in nome di un individualismo che calpesta i principi fondamentali della nostra Costituzione, rinvanga in mezzo all’omertà collettiva ed alla convenienza dei nuovi latifondisti che pagano queste persone a sottosalario costringendole a vivere in condizioni disumane.
Eppure, qualche giorno fa proprio a San Ferdinando, un comitato spontaneo è nato per il recupero delle tante case sfitte che esistono sul territorio calabrese. Se ne contano due e mezzo per ogni abitante.
Si potrebbero praticamente sistemare intere famiglie di italiani in affitto e di migranti senza fissa dimora.
Una proposta seria ed alternativa che restituisce una speranza di dignità alla persona, indipendentemente dal colore della sua pelle: casa e lavoro per tutti. Sembra uno slogan di una volta, ma è da che qui bisogna ripartire.

Posted: 16 Feb 19 By: Category: Blog Letto 2115 volte

Redazione

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