Da almeno dieci anni il vento soffia su fuochi interni in Ucraina mai sopiti dalla Comunità internazionale. Gli accordi di
#Minsk del 2014 che oggi vengono invocati da più parti sono la prova che la tensione tra Ucraina e
#Russia risale a molto tempo prima.
Il 2004 fu l’anno in cui sei paesi dell’est tra cui le repubbliche baltiche (
#Estonia,
#Lettonia,
#Lituania) insieme a
#Romania,
#Ungheria,
#Bulgaria aderiscono alla
#Nato, l’alleanza militare in orbita americana che non avrebbe nessuna ragione di esistere a seguito della dissoluzione dell’Unione Sovietica e del patto di Varsavia. Dal coro delle adesioni alla NATO dei paesi dell’Est non partecipa l’Ucraina di cui nel frattempo un politico filooccidentale di nome
#Juscenko, sarebbe diventato Presidente del Paese nel 2005. Piccolo mistero mai risolto, Juscenko nel 2004 fu vittima di un sospetto avvelenamento da diossina. Vi sono tesi discordanti su quella vicenda che certamente segnala l’instabilità politica dell’Ucraina già pochi anni dopo la sua indipendenza.
I governi, di alternanza filooccidentale e filorussa, dell’Ucraina succedutisi nel tempo oscillavano tra posizioni opposte in politica estera divenuta il tema principale del dibattito e dello scontro tra formazioni politiche nel Paese.
La vena nazionalista molto forte e presente in Ucraina deriva proprio dalla radicalizzazione dello scontro tra ucraini fanatici e popolazione di origine russa ( in
#Donbass o in
#Crimea). L’Ucraina dopo i fatti di piazza
#Maidan nel 2014 è l’unico esercito al mondo che ospita milizie che si richiamano esplicitamente al
#nazismo.
L’invasione compiuta dalla Russia non trova giustificazione alcuna nel diritto internazionale poiché l’uso della forza secondo la Carta delle Nazioni Unite non è consentito per aggredire un altro Stato sovrano. L’articolo 2 paragrafo 4 della Carta così recita: “I membri devono astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall’uso della forza sia contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi stato, sia in qualunque altra maniera incompatibile con i fini delle Nazioni Unite”.
Tanto è che poco fa l’Onu ha condannato l’attacco di
#Putin seppure non nel Consiglio di Sicurezza dove la Russia è membro con diritto di veto.
Alla guerra cosiddetta di “aggressione” non c’è mai giustificazione poiché sono i popoli innocenti a pagarne le conseguenze di morte, fame, distruzione.
Nella storia più recente 2003 l’Iraq è stato invaso dagli
#StatiUniti in violazione della Carta, il suo governo rovesciato col plauso di tutto l’Occidente democratico. Ancora prima nel 1999 la guerra nelle repubbliche della ex
#Jugoslavia fu compiuta in violazione dello stesso articolo, ma tollerata dalla Comunità internazionale.
Al tempo della seconda guerra del
#Golfo fu appositamente coniata dagli americani la teoria della “guerra preventiva” per giustificare un illecito internazionale mai punito e nonostante il pretesto del possesso delle armi di distruzione di massa in forza all’esercito iracheno si sarebbe dimostrato appunto un pretesto. Gli americani all’epoca, per giustificare l’intervento, si appellarono all’articolo 51 della Carta che stabilisce così: “Nessuna disposizione del presente Statuto pregiudica il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva, nel caso che abbia luogo un attacco armato contro un membro delle Nazioni Unite”.
L’invocazione di un diritto “naturale” (molto esteso nella sua accezione) alla legittima difesa messo per iscritto nella stessa Carta che condanna la guerra di aggressione, fu la giustificazione dell’attacco militare in
#Iraq dinanzi alla Comunità internazionale.
Dubito che Putin ignori questi fatti così come non avrà dimenticato l’abbattimento dell’aereo russo nel 2015 avvenuto ad opera della
#Turchia altro paese membro della NATO.
Ed ecco che Putin oggi si è furbescamente avvalso dello stesso metro di valutazione, sbagliato, per innescare la guerra in Ucraina.
L’estensione della NATO a est, la persecuzione dei russi nel Donbass, la radicalizzazione del nazionalismo ucraino, il mancato rispetto degli accordi di Minsk nel 2014 sono, anche circostanze “minacciose” che giustificano il diritto naturale alla legittima difesa?
A mio modesto parere non sono tali. Mai nulla potrà giustificare lo spargimento di sangue di bambini e civili, ma la storia è una ruota che gira e l’imperialismo, sia esso coniugato dagli americani o dai russi è sempre sbagliato perché viola un altro principio dello “ius cogens” del diritto internazionale: il diritto alla autodeterminazione dei popoli.
Nessuno però si sta sognando, incluso il presidente americano
#Biden, a muovere un dito per difendere direttamente con un impegno militare l’Ucraina. Altro piccolo mistero, Hunter Biden, figlio del Presidente americano, ha interessi evidenti in Ucraina poiché fino ad aprile 2019 è stato membro di Burisma Holdings il più grande produttore non governativo di gas in Ucraina.
Dalla guerra del petrolio alla guerra del gas il passo è stato breve.
Dietro ogni guerra c’è sempre un risvolto legato agli interessi economici oltre che espansionistici.
Basterebbero pochi elementi al presidente ucraino
#Zelensky per comprendere che la politica estera di arrampicamento alla NATO seguita sino ad oggi sia stata un errore strategico perché ha prodotto tensioni insanabili e nuovi pretesti per lo scoppio dell’ennesima guerra d’interessi economici.
L’Europa in tutto questo è schierata per la pace e fa bene. Ma non è un’Europa neutrale.
La genesi dell’Unione Europea trae origine dopo la fine della seconda guerra mondiale in risposta ai nazionalismi ed agli odii nazionalpatriottici che hanno appunto generato il conflitto più feroce di tutti i tempi. Nel preambolo del Trattato di Roma che nel 1957 istituisce la Comunità Economica Europea si legge: “Risoluti a rafforzare, mediante la costituzione di questo complesso di risorse, le difese della pace e della libertà e facendo appello agli altri popoli d'Europa, animati dallo stesso ideale, perchè si associno al loro sforzo” i rappresentanti degli Stati plenipotenziari hanno associato all’Unione commerciale gli ideali di pace, solidarietà e prosperità.
L’Ideale di una
#Europa militarmente autonoma, o meglio non belligerante, o ancora meglio neutrale, inclusiva e perciò estesa fino agli Urali sarebbe il sogno di tanti. Nel frattempo quel sogno sembra infrangersi sulla miopia di chi decide in violazione dei trattati europei di mandare armi all’Ucraina, piuttosto che organizzare corridoi umanitari e distribuzioni di viveri o prepararsi all’accoglienza dei profughi che fuggono dalla guerra e che il perbenismo europeo sarebbe forse pronto a respingere come i profughi che fuggono dalla guerra in
#Siria e dai conflitti in
#Medioriente? La questione è complessa e difficilmente leggibile.
L’augurio è che i negoziati siano veritieri e non si tratti di un bluff che fa comodo a tanti.
É impensabile che durante la fase negoziale continuino i bombardamenti russi così come è inconcepibile che l’Unione Europea accolga l’adesione dell’Ucraina in tempo di guerra.
Provocazioni reciproche, distorsioni continue che in questa fase non aiutano al
#dialogo ed alla vittoria delle diplomazie sull’irrazionalità delle armi.
La democrazia matura non può tollerare la guerra totale che non deve espandersi al resto del pianeta.
L’articolo 11 della
#Costituzione italiana stabilisce che “l’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. E’ un articolo che funziona come esortazione permanente rivolta a tutti i governi in carica. Il premier attuale, Mario
#Draghi, e il Ministro degli Esteri Luigi #DiMaio dovrebbero lavorare per la pace e per il #disarmo piuttosto che soffiare sui fuochi della guerra in Ucraina finanziando l’acquisto di armi destinate ad un popolo già impaurito e stremato dalle bombe.
Oggi siamo tutti popolo ucraino, ma la ricerca della pace armata non è una buona azione.
Grava piuttosto sulle #democrazie occidentali assicurare garanzie di pace all’intera comunità internazionale che osserva preoccupata gli sviluppi drammatici di una guerra che poteva essere evitata ma che ora va fermata.