NARCISO E IL PARTITO EUROATLANTICO

Di Luca Cangemi. La scissione renziana è il combinato disposto di due rilevanti elementi. Il primo è il tradizionale opportunismo dei ceti politici italiani. È questo un dato che certo attiene ad una grave questione morale ma che affonda le radici in caratteristiche strutturali, riferibili al rapporto che si è storicamente sviluppato tra classi dirigenti e rappresentanza politica nel nostro paese.

La lunga transizione italiana, l’ideologia dominante della “crisi delle ideologie”, la personalizzazione della politica (ed il ruolo che in essa hanno giocato l’informazione televisiva e poi la rete) sono tutti fattori che, negli ultimi decenni, hanno dato a questo storico vizio nuove forme ma anche nuova linfa. Nella vicenda di Renzi, con un’accentuazione clamorosa nelle ultime settimane, assistiamo ad una declinazione narcisistica del trasformismo opportunistico. Interessante quanto irritante circostanza, che non può essere confinata ad una dimensione puramente psicologica ma è significativa della crisi e della ristrutturazione della politica borghese.
 
Il secondo elemento, che è separabile dal primo solo in via analitica ma nella realtà ad esso intrecciato, attiene alla volontà di riproporre un partito all’americana, come viene detto esplicitamente nell’intervista a “Repubblica”. Un partito compiutamente “americano” non solo nella collocazione internazionale (il PD lo è già ampiamente e da tempo) ma anche nella cultura politica e nelle modalità organizzative. In questo contesto i riferimenti al veltronismo e al berlusconismo, da più parti avanzati, rivestono un significato meno superficiale di quanto possa sembrare. Si delinea un partito che salta completamente ogni rapporto con corpi sociali intermedi e si pone come interlocutore del capitalismo finanziario più aggressivo (che non sta facendo mancare il proprio concreto appoggio).
 
È un tentativo assai pericoloso, anche se la tendenza congenita a sottovalutare la complessità della società italiana, può essere un fattore di crisi, come già accaduto nella vicenda referendaria.
 
Partito americano ma anche, ovviamente, partito europeista.
 
Ricorrendo ad un vecchio termine: un partito euroatlantico. E qui ai riferimenti a Veltroni e Berlusconi aggiungerei quello a Cossiga, al suo ruolo, alternativamente, di garante e rottamatore ma sempre con la stella polare di un’Italia e di un’Europa saldamente legati alla potenza USA.
 
È chiaro che qui la partita viene resa possibile da tendenze più ampie, simboleggiate dalla coppia Von der Layen e Lagarde (o terzetto se si vuole aggiungere la super commissaria macroniana Sylvie Goulard). Una tendenza al rafforzamento del campo europeo, pur in presenza di gravissime difficoltà, a partire dai suoi assi fondamentali: il nucleo franco -tedesco (meno sbilanciato verso la Germania rispetto al recente passato) e il rapporto costitutivo con gli USA. Le esperienze delle tre signore-finanza e difesa- segnano anche chiaramente le priorità: liberismo e guerra.
 
A me sembra che gli stessi tempi della scissione siano scanditi, oltre che da appuntamenti assai concrete (le nomine…), anche dalla volontà di competere per posizionarsi come interlocutore del nuovo quadro, rispetto ad altri, in particolare ad uno schieramento che può avere Prodi come padre nobile, con un occhio alla presidenza della repubblica. La stessa gridata contrapposizione a Salvini, che Renzi ha evocato e che Bruno Vespa sta alacremente costruendo, è chiaro strumento non solo di visibilità ed egemonia nello scenario nazionale ma anche un accreditamento nelle istituzioni comunitarie (e a Parigi e Berlino). Conte non ha torto a preoccuparsi della sua posizione. Ovviamente lo scontro recitato non preclude in assoluto convergenze con la Lega su terreni pesanti, dall’autonomia differenziata alla legge elettorale (pochi hanno notato nell’ intervista di Renzi di Repubblica un apprezzamento delle posizioni di Salvini in materia di maggioritario…). Si dovrà prima o poi riflettere sulle caratteristiche funzionali alla gestione capitalistica della crisi, che assumono alcune contrapposizioni gridate sulla scena politica.
 
Quanto a quel che resta del PD, è solo incredibile, di fronte ad un esito così pesante non si sia aperta una riflessione vera sul renzismo, con cui l’attuale gruppo dirigente ha collaborato (nel governo, nel tentativo di distruggere la Costituzione, negli infami rapporti internazionali) e si ondeggi tra il rammarico e la divisione concordata dei compiti. Nella divisione dei compiti a chi toccherà fare eleggere Casini la prossima volta?
Posted: 20 Set 19 By: Category: Blog Letto 2252 volte

Redazione

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