IL BLACK-OUT USA SULLA “VIA DELLA SETA”: LA NUOVA GUERRA FREDDA È COMINCIATA.

Di Michele Tripodi

Il Venezuela è al buio e gli USA esultano. Sulle disgrazie altrui è facile ridere. Il presidente Maduro ha individuato la causa nel sabotaggio della centrale idroelettrica del lago Guri che alimenta il 70% del Paese. Ed infatti la strategia degli USA è quella di mettere in ginocchio il Paese con sanzioni economiche, cercando di creare il massimo disagio sociale possibile per fare in modo che il popolo si rivolti contro Maduro senza ricorrere all’uso unilaterale della forza, espediente inviso e non tollerato dalla Comunità internazionale.

L’aggressione al Venezuela oggi manifesta la debolezza americana che maschera una chiara difficoltà sul piano internazionale. Dagli esiti negativi del summit in Vietnam con il leader coreano Kim che, dal suo piccolo, ha perfino oscurato Trump, preoccupano agli USA le recenti aperture ad oriente di paesi dell’Unione Europea come Portogallo, Italia, Grecia.

Dopo la Russia questa è la volta della Cina che sta espandendo a dismisura il progetto di “Nuova via della Seta” attirandosi le simpatie di alcuni governi, possibili partner commerciali pubblici e beneficiari degli investimenti della cosiddetta BRI (Belt and Road Iniziative).
La BRI è il cuore operativo ed attuativo della Nuova Via della Seta, ingegnata dalla Repubblica Popolare cinese alla fine degli anni settanta grazie all’intuizione di Deng per aprire rotte e canali commerciali verso Ovest. Cinque sono i corridoi della via della seta, tre terrestri e due marittimi. Uno di questi muove verso l’Italia, verso Venezia passando per porti importanti e bucando l’Europa fino a Rotterdam. Gli ulteriori investimenti previsti per infrastrutture e trasporti sono di 100 miliardi di dollari su territori che toccano tre continenti: Asia, Europa ed Africa. Ma c’è anche la linea tecnologica col 5G che “minaccia” pericolosamente il monopolio americano dei mercati digitali.

È questo l’elemento nuovo che rafforza politicamente il progetto cinese, l’aver coinvolto ed aggregato più soggettività nel segno dell’innovazione, compresi i paesi africani da sempre trattati come propaggine neocoloniale dell’imperialismo a stelle e strisce. Tutto questo turba il sonno degli Stati Uniti che hanno dichiarato un secco no alle iniziative cinesi, apostrofandole come un tentativo di colonizzare l’Europa.

L’arresto della manager di Huwawei è stato il primo segnale dell’insofferenza degli USA alla nuova ingombrante presenza cinese nei mercati occidentali. Si spiega così il recente monito di Bruxelles che ha richiamato all’ordine i paesi non allineati come l’Italia, in vista della visita del presidente Xi Jinping programmata a breve. Ma la Cina non è la Corea e ad uscire con le ossa rotte stavolta saranno gli Stati Uniti, che hanno già
proclamato, salvo poi balbettare, la guerra dei dazi.

La partita è più complicata, limitare un colosso che conta 2 miliardi di abitanti non è cosa semplice. Sarebbe strategicamente più utile all’Europa essere parte di questo progetto ambizioso che rompe l’unilateralismo ed il monopolio dei soliti noti, piuttosto che avviarsi su soluzioni peraltro non
universalmente accettate come i trattati bilaterali di libero scambio con Usa, Canada e Giappone, in parte fortunatamente arenatisi.
La guerra fredda è ricominciata e stavolta, sul piatto, ci stanno interessi geopolitici molto più ad ampio raggio di ciò che possiamo immaginare.

Michele Tripodi
Sindaco di Polistena (RC)

Posted: 12 Mar 19 By: Category: Comunicato Letto 778 volte

Redazione

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