SERVE LAVORO. SE NON SI ASSUME NEL PUBBLICO É LA FINE

Di Michele Tripodi La politica di investimenti pubblici per risollevare nel breve periodo l’economia e l’impresa italiana é fallita prima di cominciare.
Al di là delle buone intenzioni (é sempre auspicabile infatti un programma di spesa pubblica per investimenti), il governo non ha fatto i conti con la drammatica realtà della pubblica amministrazione italiana, ormai ben avviata verso il collasso.

Procedure stantie, ansie e paure dei dipendenti, imprese commerciali senza requisiti, ingessano il sistema scatenando un effetto statico “no step” che in economia può essere parafrasato con la stagnazione.
Con un apparato amministrativo striminzito, stanco e demotivato, con “quota 100” che svuoterà gran parte degli uffici pubblici, il vero problema del pubblico è come continuare a garantire l’esistente.
L’unico sensato investimento possibile perciò nell’occupazione del pubblico impiego.
Creare posti di lavoro risolverebbe almeno due problemi: darebbe più reddito alla popolazione , garantirebbe la continuità dei servizi, sbloccando procedimenti fermi all’infinito.
Quanto detto sopra é dimostrato dalla proroga concessa qualche giorno fa agli enti locali per l’inizio dei cantieri dei contributi ai piccoli comuni. 400 milioni di euro di investimenti previsti nella legge di stabilità per lavori che sarebbero dovuti partire entro il 15 maggio.
Non si conoscono i dati dei cantieri effettivamente avviati, fatto sta che il governo come prevedibile, ha disposto al 10 luglio la proroga dei tempi di consegna dei lavori. Due mesi di ritardo, il che significa che vi sono grossi problemi e le aspettative della vigilia non sono tali.
A questo si aggiunge l’ulteriore distribuzione a pioggia ai comuni di altri 500 milioni di euro nel decreto-crescita per nuovi piccoli lavori che dovrebbero partire entro il 31 ottobre.
Questa elemosina di stato che farà amico qualche sindaco ma rivolverà ben pochi problemi, somma quasi 1 miliardo di euro, i cui benefici di ritorno arrancano a venire fuori.
Il risultato dell’operazione, che a dire del governo avrebbe dovuto smuovere l’economia, é dunque rinviato di qualche mese volendo essere ottimisti. Per essere meglio precisi, gli effetti sul Pil e sul quadro macro-economico sono traslati di qualche anno.
Ecco perché l’Unione Europea ha già condannato l’Italia alla procedura di infrazione ed in questo quadro l’idea di salvarsi ricorrendo al tesoretto della Cassa Depositi e Prestiti, l’unico ente che davvero finanzia gli enti locali anche per progetti d’investimento più impegnativi ed importanti dell’elemosina di 50-100.000 euro a comune, sarebbe l’ennesima pessima idea.

 

Posted: 23 Giu 19 By: Category: Blog Letto 2330 volte

Redazione

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